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Siamo nell'isola di Leyte. Una postazione nipponica, piuttosto malridotta e prossima all'annientamento, in quanto circondata dal nemico, tenta un ultimo, disperato ed orgoglioso tentativo di colpire l'avversario. Lo sparo viene seguito da una serie di esplosioni, e il campo giapponese viene distrutto. Solamente due soldati sembrano essere sopravvissuti, e con loro una bottiglia di saké: non appena i boati finiscono, fa la sua apparizione un sidecar, che aveva superato il fuoco nemico e aveva portato il suo pilota a destinazione. E il motociclista non è altri che un bambino, decisamente malconcio, che viene curato con una bella bevuta di saké. La missione del ragazzo era quella di raccogliere il contingente del Ventottesimo Reggimento, per avere rinforzi da inviare al campo di aviazione di Karakechiru, attaccato dagli americani, distante ben cento miglia; visibilmente seccato dal fatto che i rinforzi non potranno arrivare, decide comunque di fare ritorno al campo d'aviazione, per riferire di aver compiuto la missione assegnatagli. Uno dei soldati sopravvissuti gli fa notare che la moto che lo aveva condotto là era ormai fuori uso, crivellata di proiettili: questo danno avrebbe reso impossibile un viaggio di cento miglia, ma il giovane vuole tentare ugualmente, nonostante questa missione lo avrebbe condotto verso morte certa. Il più esperto in grado dei due sopravvissuti, per spiegare il comportamento dello sconosciuto, rivolge al suo compagno queste parole: "Senza aver ricevuto l'ordine di farlo, le truppe giapponesi non moriranno né si ritireranno, ma rimarranno in servizio per cento, persino duecento anni. Ragazzo, siamo nati in un Paese terribile...". E' per questo che i due decidono di riparare la motocicletta, e al risveglio il giovane soldato, rifocillatosi, ritrova il suo mezzo come nuovo, senza sapere chi ringraziare per le riparazioni, eseguite recuperando pezzi sparsi sul campo di battaglia. Il viaggio inizia e il ragazzo, che si chiama Utsunomiya, viene seguito da uno dei due soldati, Kodai, colui che di fatto ha riparato il sidecar, con il quale ora sfrecciano perfettamente sulle colline dell'isola. I due viaggiatori devono presto subire l'attacco di un aereo giapponese, che improvvisamente si schianta al suolo, e Kodai sospetta subito che il pilota fosse americano, e che non sapesse guidare perfettamente il mezzo; e ciò implica che il campo d'aviazione era passato in mani nemiche. Ma uno dei colpi è andato a segno, e Utsunomiya è stato colpito di striscio al ventre, anche se fa di tutto per tenerlo nascosto all'amico, e durante il proseguimento del viaggio gli confida di essere venuto sull'isola con quella stessa moto: "Lei è una parte di me, il suo motore è il mio cuore. Quando io morirò, lei morirà con me". Il dialogo tra i due prosegue, e Kodai confessa al giovane di essere stato, in gioventù, un modesto pilota di motociclette. Utsunomiya, pur ammettendo di aver capito che Karakechiru è in mano al nemico, intende giungere ugualmente a destinazione, e chiede a Kodai di poter effettuare l'ultimo tratto di percorso da solo. Mentre i due soldati riposano, vengono avvistati da una motocicletta nemica, e inizia un inseguimento tra i due mezzi. L'Americano è un vero professionista, poiché riesce a comandare il mezzo e a sparare, mentre i Giapponesi sono in due. Dopo un breve combattimento, Kodai e Ustunomiya hanno la meglio, e possono proseguire; ad un certo punto, però, Kodai butta fuori dal mezzo il suo giovane amico e prosegue da solo. "Una volta oltrepassata la linea del fronte, raggiungerò il campo d'aviazione. Ho deciso che quello sarà il mio obiettivo. Fino ad ora, non ho mai raggiunto il mio obiettivo in una gara. Ho sempre avuto guasti meccanici, e ho perso; ecco perché il mio orgoglio non si placherà finché non avrò raggiunto il campo d'aviazione. E' la mia ultima gara". Mentre la grave ferita riportata toglie la vita ad Utsunomiya, in lacrime per la generosità dell'amico, Kodai sfreccia verso il suo obiettivo felicemente, contento di guidare un mezzo così valido, e viene colpito da un massiccio fuoco di fanteria. Accompagnato da una commovente colonna sonora, l'anziano combattente continua ad avvicinarsi all'obiettivo, anche se la vita lo abbandona, ma nemmeno questa volta riesce a tagliare il traguardo. "Merda! Nemmeno questa volta è andata bene? Così non ho vinto una gara neppure una volta… ma sono tranquillo, perché ho fatto del mio meglio; sono soddisfatto, perché ho tentato fino alla morte. Sono veramente soddisfatto"; sembra lo spirito di Kodai a parlare, rivolgendosi al corpo ormai esanime, che tuttavia esprime un ultimo enorme sorriso di compiacimento, prima che il motore del sidecar cessi per sempre di ruggire. L'epilogo, come sempre, è pieno di contenuti, e suona come un epitaffio: "Parecchio tempo fa, gli uomini mescolarono il sudore e il sangue. Questo è un piccolo campo di battaglia a Leyte. Lo Steel Ryukihei riposa su di un lato, con il cuore trafitto da un proiettile. Quel cuore ha pianto lacrime di ruggine nella pioggia, domandandosi perché era morto un uomo che non aveva bisogno di morire". GS
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