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UNO STRANO PIRATA Di Harlock non si sa praticamente nulla, né si conoscono dettagliatamente i motivi per i quali è divenuto un fuorilegge, a parte la spiegazione che egli stesso dà a Raflesia, in occasione del loro ultimo incontro. Harlock dice infatti che è diventato ciò che è, abbandonando la Terra, perché il mondo dove era cresciuto era sporcato dai vizi degli uomini, ferito dalla loro crudeltà. Ma non aggiunge nulla sulle ragioni che l'hanno spinto a diventare proprio un pirata. E in effetti Harlock è un pirata piuttosto singolare. Innanzitutto la sua bandiera, un teschio bianco in campo nero, non è un simbolo di Morte, ma di Libertà. Ha scelto di vivere nello spazio seguendo soltanto le leggi che regolano l'universo, leggi naturali, immutabili e a volte spietate, ma giuste nella loro ineluttabilità. E in questo modo egli vive libero. Nonostante sia un pirata e assalti le astronavi mercantili terrestri provenienti dalle piantagioni planetarie, il suo scopo non è arricchirsi accumulando indebitamente tesori, tant'è vero che i diamanti e le altre pietre preziose presenti nel carico vengono lasciate andare alla deriva nello spazio, senza neppure essere toccate. Ad Harlock interessa solamente il grano, ma non per farne scorte destinate esclusivamente a sé e al suo equipaggio. Egli conosce bene qual è lo stato di abiezione morale, di apatìa e indifferenza nel quale vivono i Terrestri e si rende perfettamente conto che una simile umanità è capace di andare incontro alla propria distruzione senza nemmeno rendersene conto. E sa anche che sulla Terra si sprecano continuamente, con totale noncuranza, enormi quantità di risorse alimentari. Perciò ha scelto di creare delle grandi riserve di cibo, di grano, destinate all'intera umanità. Perché l'uomo, quando ha fame, non chiede altro che il pane. Diversamente, nel manga Harlock non ha queste preoccupazioni e depreda le astronavi di tutto il loro carico, alcolici e gioielli compresi. E', in un certo senso, ancora un pirata vecchio stampo e i suoi comportamenti cambieranno solo nel corso dell'opera. Sulla testa di Capitan Harlock pesa, come si sa, una condanna a morte. I suoi capi d'imputazione sono gli omicidi e le sparizioni dei più importanti scienziati della Terra, oltre naturalmente ai furti delle merci trasportate dalle navi mercantili. Ma come può un uomo che, per suo preciso impegno ideale, ha scelto di non uccidere i propri simili, compiere simili efferatezze? L'indifferenza della popolazione e del Governo terrestre si manifesta anche così: invece di dare la caccia ai veri colpevoli dei crimini che vengono compiuti, gli uomini di legge e le forze di polizia preferiscono trovare un colpevole di comodo, un capro espiatorio: un uomo che vaga da solo nel Mare delle Stelle. Un diverso, dunque. Ma Harlock, nonostante ne abbia più volte avuto l'occasione, ha sempre risparmiato la vita al suo grande rivale, Kirita, accontentandosi di disarmarlo, oppure di spaventarlo. Non ha mai distrutto i caccia dell'esercito terrestre che venivano contro di lui, né aperto il fuoco contro i militari, benché a volte ne avesse la possibilità e, possiamo dire, anche il diritto, per difendere la sua vita. Egli stesso lo dice espressamente e per ben tre volte: "Io non uccido i miei simili. Non uccido gente della Terra". Harlock è anche una persona dotata di un profondo senso dell'onore e di grande lealtà. Come dice la stessa Meeme, è un uomo che mantiene sempre fede alla parola data, correndo qualsiasi rischio, anche mortale. Per questo si reca sulla Terra per far visita a Mayu, il giorno del suo settimo compleanno, anche se sa che Kirita è pronto a catturarlo. E per questo si sente responsabile quando, nonostante tutti i suoi sforzi per distruggerlo, il pennant precipita al suolo. Poco prima, infatti, egli aveva giurato che avrebbe protetto Mayu e la Terra anche a costo della vita. La lealtà del capitano delle stelle è grande anche con i nemici: quando un'astronave ospedaliera mazoniana chiede aiuto all'Arcadia, fingendo di aver bisogno di medicinali, non esita neppure un istante ed acconsente a fornirgli tutto ciò di cui necessitano, convinto com'è che Raflesia non ricorrerebbe ad un trucco tanto sleale, pur di attaccare la sua astronave. E' il suo stesso senso dell'onore a trarlo in inganno, questa volta: la Regina delle Mazoniane, infatti, non si è fatta questo genere di scrupoli. E stupisce che sia proprio un fuorilegge ad avere quella lealtà che manca ad una sovrana. Anche quando Kirita, ormai consapevole della minaccia rappresentata dalle Mazoniane e ricercato dal Governo, che lo crede un criminale, gli chiede di proteggere Namino Shizuka, portandola a bordo dell'Arcadia, egli accetta, senza preoccuparsi del fatto che il Consigliere è sempre stato suo nemico. Perché per lui si tratta di un particolare irrilevante: "Se qualcuno chiede il tuo aiuto, amico o nemico che sia, tu non hai il diritto di rifiutarglielo". Questo è ciò che conta veramente, per Harlock. Tale profondo senso di lealtà e il valore dato alle promesse fatte è presente pure nel manga, anche se si hanno meno occasioni per constatarlo. Infine, Harlock appartiene a quell'esiguo numero di persone capaci di attribuire un valore sacro all'amicizia. E' infatti legato da un vincolo indissolubile all'anima di Tochiro Oyama, il suo migliore amico morto prematuramente, ma che continua a vivere nello straordinario Computer dell'Arcadia. Nessuno è in grado di spezzare quel legame e di mettersi fra loro ed entrambi farebbero qualsiasi cosa per aiutare l'altro. Tochiro, molte volte, è venuto in aiuto di Harlock, manovrando l'Arcadia quando il resto dell'equipaggio era impossibilitato a farlo (come ad esempio quando tutti erano prigionieri del sonno, nelle profondità del Mar dei Sargassi), oppure accorgendosi in tempo di un pericolo insidioso, mentre nemmeno i radar e gli altri strumenti di bordo avevano rilevato nulla. E' sufficiente che Harlock dica: "Amico mio, aiutami" perché l'anima di Tochiro si desti dal suo sonno ed entri in azione, senza indugiare, proprio come solo gli amici sanno fare. Allo stesso modo Harlock è pronto a dare la sua vita per difendere il Computer nel quale risiede la preziosissima anima di Tochiro. Durante la sua permanenza sull'astronave pirata, Namino Shizuka tenta di distruggere il Computer centrale con una carica esplosiva di piccole dimensioni, ma molto potente. Il capitano, quando s'accorge del pericolo, non esita neppure un istante a prendere in mano quell'ordigno, mentre cerca un posto dove gettarlo senza che possa far danni. Non si preoccupa della propria incolumità ma solo della salvezza di colui che è importante più della sua stessa vita. Nonostante tutto ciò, Capitan Harlock mantiene spesso modi da pirata ed il suo amore per il rischio è pari solo a quello degli antichi predoni dei mari. Si lancia con l'astronave al di là della cupola che custodisce il castello di Aman in fondo al mare, senza sapere cosa vi si trovi, sperona le astronavi nemiche con il grande rostro di prua dell'Arcadia, abborda le astronavi mercantili calandosi al loro interno quasi come farebbero i pirati dei secoli scorsi mentre, aggrappati alle corde della loro nave, si slanciano senza timore sul ponte delle navi da depredare. Ed anche il suo modo di stare di fronte ai potenti, che siano la Regina Raflesia o il Primo Ministro, è proprio di chi non ha padroni e non teme nessuno: sempre dritto, sempre fiero, gli occhi scintillanti, pronti a raccogliere ogni sfida, pronti sempre alla lotta. Harlock non si piega mai, non accetta ordini, non accetta soprusi, non si fa umiliare. Vive libero, come ogni vero uomo dovrebbe saper vivere, ubbidendo soltanto al proprio cuore a alla legge di giustizia che governa il Cosmo. Nausicaa
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